Alla personale di Livio Rosignano, è convenuta una piccola folla di giovani artisti e intellettuali. E’ stata una manifestazione di simpatia verso il pittore che appartiene alla loro generazione, condividendone le speranze, gli impegni, le conquiste e i limiti. Accennare ai limiti è un po’ come rimpiangere le sovversioni artistiche esplose nei primi lustri del secolo, nel tempo eroico dell’arte moderna. Non che la generazione di Rosignano manchi di fervore o d’entusiasmo, ma tende a risultati sicuri, a posizioni solidamente fondate.
Nelle opere da lui esposte si possono infatti accertare dei risultati laboriosamente conseguiti, ma non manca l’apertura a possibilità rattenute forse per l’indugio sugli esiti. Le sue misure sono evidenti nel difficile dominio della figura di forte accentuazione plastica ottenuta con lavoro d’architettura cezaniana eseguito per mezzo della spatola.

Riuscito e comunicativo è il “Ritratto in rosso” dell’amico ingenier Lucchi. Il dipingere più libero e irruento sviluppa l’oggetto con resa architettonica ed emotiva, sicchè la bravura è superata nei modi risolutivi. Il ritratto di giovine donna su fondo rosa, con abito bianco e mantello nero, presenta delle cautele naturalistiche, ma l’evidenza dell’immagine si deve più a una ricercata autonomia espressiva. C’è dunque quella che possiamo chiamare verità, in quanto conferisce ai ritratti il marchio del pittore. Un salto nel possibile si ha col “Ritratto di bambina” dalle larghe stesure limitate alla scala dei gialli, però l’idea gettata nel futuro risente di vincoli inibitori, ci stupirebbe, quindi, constatare in un tempo prossimo che la pittura di Rosignano va maturando in quel senso.

 

Fra i paesaggi, la “Casa rossa” profila, con la saturazione luministica data dai colori, le linee dell’avvenimento poetico riportate spregiudicatamente nel “Paesaggio n. 1”, nell’”Autunno”, nel “Paesaggio grande”, nei “Fiori”. I vibranti ghirigori attingono a una tavolozza prodiga di suggestioni moltiplicanti quelle proposte occasionalmente dalla natura.

L’emozione piena non consente limiti all’irruenza cromatica. Forse il Rosignano più vero è qua, nell’insofferenza di ogni correttivo, nell’inestricabile matassa policroma.

Se le figure ci hanno indotto a ricercare la bravura, la forza oggettivante in esse distribuita, i paesaggi, con la loro aperta dichiarazione d’anarchia musicale, hanno parlato immediatamente un linguaggio non privo di freschezza poetica.

Francesco Tenze