Sergio Pacor
Giugno 2005
La consegna all’editore delle bozze del catalogo-antologia, ritengo frutto di sofferta selezione nel vasto mare dei disegni di Livio, ed il gradito invito a partecipare con questo ricordo all’impresa, consente di riandare ai lunghi anni della nostra amicizia. Alla fine degli anni sessanta e per chi scrive all’avvio dell’attività professionale, è arrivato il primo quadro a olio di Livio, un caffè San. Marco vuoto, prima presenza rilevante artistica dopo i disegni di Mariano Cerne spesso eseguiti in loco, alla fine di giornate complicate nel vecchio studio di Viale XX Settembre. Da allora, una lunga passione per le opere di Livio e prima ancora, l’avvio di un rapporto personale per verificate sintonie. Il mondo di Livio da allora ha costituito quello di riferimento per le mie scelte, pur con apprezzamento per altre
espressioni ed ha riempito i luoghi della mia vita di testimonianze di un’arte che amo e che rappresenta per me la più significativa delle presenze artistiche che mi stanno accompagnando da oltre trent’anni. Quando mi soffermo e sollevo gli occhi dalla stesura di un atto giudiziario o interrompo qualche lettura o qualche ascolto, mi piace soffermarmi sui dettagli dei quadri di Livio che scopro sempre nuovi e rinnovano il momento magico in cui si decide di non poter fare a meno di un certo quadro; con quelli di Livio è accaduto in molte occasioni. La scelta di questa duratura amicizia non è stata determinata solo da considerazioni artistiche, anche scontate, per il posto di preminenza assoluto che l’arte di Livio rappresenta nell’interpretazione nell’anima di Trieste, ma principalmente l’uomo ricco di interessi capace di introspezioni straordinarie e con sensibilità a pelle scoperta. Artista quindi completo, culturalmente eclettico e partecipe, misuratosi anche con espressioni letterarie che ha consentito emozioni ed esperienze significative ed irripetibili anche a frequentatori di lungo corso della boheme triestina fin dagl’anni del liceo. Pur se inserito, naturalmente, in tale contesto, ha sempre mantenuto orgoglioso distacco al di là di solidarietà talvolta concessa ad iniziative artistiche di qualche collega, e al rapporto con Oreste Dequel. Livio ha vissuto intensamente assieme ad amici esclusivi, con confronti, polemiche e comunque costante approfondimento delle espressioni contemporanee più significative. Ha condiviso le esperienze dei tempi eroici della politica fin dal primo dopoguerra, nella sua corretta dimensione etica, in epoca in cui le scelte costavano, come peraltro per qualche verso è avvenuto anche in seguito per il Nostro. Gli interessi di Livio non si sono limitati agli ambiti artistici e letterari ma ha coltivato e coltiva tra l’altro il calcio soprattutto e l’amata Triestina, con frequenza allo stadio fin dalla giovinezza e sostegno anche con il contributo del ricavo di splendidi disegni esposti in una mostra memorabile al Palazzo Costanzi vent’anni orsono e al dono del ritratto di Nereo Rocco. Ha saputo superare con forza e grande coraggio, la vita difficile, anche per un artista affermato, degli anni ’50 e 60, scegliendo di operare in prevalenza a Trieste e abbandonando quindi l’esperienza milanese pur iniziata in un periodo favorevole e con apprezzamenti significativi. La malattia di persona cara protrattasi per lunghi anni lo ha costretto a periodi di faticosa assistenza fin a dieci anni orsono e sono stati superati con il rifugio nella pittura, nelle letture degli amati poeti e anche delle opere più significative sia della letteratura mondiale che di quelle di autori italiani, anche triestini, conosciuti e con cui intrattiene rapporti amichevoli. L’hanno aiutato anche le parentesi dall’impegno pittorico vissute in indimenticabili serate di discussioni e confronti, di fronte a qualche bottiglia di vino, nelle osterie triestine più frequentemente, o in casa di amici, talvolta, anche utilizzate come studio per i bellissimi disegni del Golfo dal Faro e da Barcola alta, di dieci anni orsono, poi completati da quadri esposti nella stessa casa in cui erano stati dipinti, abitazione poi trasformata in galleria estemporanea, dopo aver tolto dalle pareti i quadri esistenti e sostituiti con quelli dipinti anche all’aperto in lunghe giornate di lavoro. Mostra quella chiamata Rosignano a Barcola indimenticabile ed apprezzata dai numerosissimi amici che hanno colto l’occasione di visite alla galleria domestica. Occasione questa anche per frequentazioni quotidiane in cui, l’orfanello, così veniva chiamato all’epoca il Nostro, si dedicava in compagnia degli amici all’ascolto dei concerti di Paganini, il quarto su tutti, generosamente inserito nelle collezioni dell’ospite, dove si alternavano serate in cui, mutato il genere, era Withney Houston a fare da sottofondo alle esibizioni di Livio che nell’occasione dimostrava qualità, non a tutti note fin ad allora, di ballerino interprete di personalissime coreografie. Le passioni negli anni, l’universo femminile, frequentato senza risparmio dal Nostro, fino al fortunato incontro con Marinella e la leggerezza con cui ha saputo vivere e lottare e di cui ha reso testimonianza in scritti agili ed intensi, hanno consentito approfondimenti personali straordinari. La con-vivenza, se così si potesse dire, condizionata dalle vicende personali di ognuno, ha consentito, a chi scrive, partecipazione costante ed il godimento dell’arte di Livio, anche nei luoghi della quotidianità domestica e professionale, momenti felici per la sensibilità umana delle sue opere, in particolare di quelle più vicine per collocazione fisica. I caffè spesso vuoti o con personaggi quasi parte dell’arredo, le osterie con i banconi talvolta rifugio degli ultimi, i tram e gli sportelli affollati, le bore scure e l’allegria del salto delle pozzanghere o la silouhette di qualche modella, testimonianza forse, di antichi amori, caratterizzano le sue tele più significative, oltre ai ritratti che ricordano amici comuni e rinnovano il ricordo di quelli perduti, che tornano alla mente in occasione di bilanci come queste brevi righe. Livio non ha critici né gallerie di riferimento, non ha scelto carri su cui salire o da cui scendere per convenienza, categoria di pensiero a lui sicuramente estranea. In un mondo artistico spesso omologato, ha rappresentato e continua a rappresentare un’esempio di totale libertà e di arte originalissima, testimonianza comunque di grande forza e coerenza morale, qualità apparentemente in via di estinzione. Conseguenza forse di una società approssimativa come la nostra, spesso, anche nelle espressioni maggioritarie della cultura contemporanea che si offre con troppa frequenza come strumento a finalità improprie. Le antiche parentesi felici anche notturne nel duro lavoro quotidiano della ricerca e dell’intuizione espressiva, hanno consentito a chi le ha spesso condivise, sensazioni indimenticabili. L’assoluta distanza dal denaro, profuso di solito a poche ore dal momento della percezione, spesso per vicende di spensieratezza riparatrice di una passata quotidianità ingrata, rappresenta ulteriore caratteristica di un’atteggiamento disincantato nei confronti della vita, con la consapevolezza e l’orgoglio della propria arte, espressione anche di lealtà, libertà assoluta e grande coerenza che continuano a legarmi a Livio e al suo mondo ravvivato ormai da più anni da Marinella, presenza insostituibile e affettuosa che ha completato il quadro più importante. Avanti Livio, senza spingere, come dici Tu.
Sergio Pacor